Il rientro. Antigua_Portorico_NYC_Milano_Cagliari

Mamma mia, è già passato più di un mese dal mio rientro in Italia e presa da mille cose, incluso stare sul divano a mangiare Nutella ed accarezzare il gatto, non ho più aggiornato il blog. Sarà che io non sono una travel blogger, scrivo solamente quando me la sento perché non dev’essere una forzatura con delle date da rispettare, ma un qualcosa che ho voglia di raccontare a degli amici virtuali, magari pure inesistenti, i miei lettori immaginari.

In realtà ho iniziato a scrivere quest’articolo sul volo di rientro da Portorico, avevo buttato giù due righe d’impulso, usando la scrittura proprio come sfogo. Ma rileggendolo, soltanto dopo poche ore di sosta a New York, provavo già delle sensazioni diverse, quindi l’ho mollato lì. Questo sta a dimostrare che mi è bastato cambiare “aria” per migliorare l’umore.

Vi avevo lasciati ai preparativi per la traversata Atlantica da Antigua all’Italia. Stavo organizzando la barca: dalla ricerca dell’equipaggio alla messa in sicurezza degli oggetti nel salone e nelle cabine, dall’inventario dei medicinali, del kit di emergenza e delle dotazioni di sicurezza al controllo della zattera di salvataggio, delle vele e del sartiame. Ed è proprio lì che è iniziato il casino. Sono saltati fuori alcuni problemi tecnici, in parte li abbiamo risolti, altri invece richiedevano ispezioni approfondite, le cose si sono fatte più complesse, i tempi si stavano allungando, io mi sono sentita immersa in responsabilità non mie e… boom! Ho perso la pazienza.

Allo stesso tempo ho ricevuto un messaggio da un Capitano con cui ero già stata in contatto lo scorso novembre ed anche in febbraio, onestamente in quelle due occasioni mi aveva lasciata un po’ dubbiosa, ma mi ha proposto un’alternativa interessante: navigare e fare surf per alcuni mesi tra Portorico, Repubblica Dominicana e Panama. In realtà, NAVIGARE era proprio il motivo che mi aveva spinta ad affrontare un viaggio durante la pandemia, che invece si era trasformato in una “sosta” su mezzi natanti ormeggiati ed ancorati. Mi vergogno un po’ a dirlo, ma devo ammettere che ho deciso di accettare il suo invito basandomi su degli aspetti superficiali: surfista californiano coi capelli biondi e lunghi. Le mie amiche lo sanno, ai capelli biondi e rigorosamente lisci non so resistere, ci casco sempre, lo so. Comunque, dopo alcune video chat in cui scopriamo di avere molti interessi in comune, ed in cui ci confrontiamo proprio sulle reciproche aspettative, decido di prenotare il volo per raggiungerlo, lui è entusiasta e non vede l’ora di conoscermi, mi scrive addirittura in italiano, vuole che glielo insegni. Dopo due giorni, scatta il primo allarme rosso: sparisce e non risponde ai miei messaggi. La mattina seguente chiedo spiegazioni e replica che non ha gradito il mio comportamento, aggiungendo che sarebbe meglio rinviare la mia partenza. Cosaaa?! Quale comportamento? Presumo, ma non me l’ha detto chiaramente, che si sia irritato perché non ho risposto ad un suo messaggio di “buonanotte” delle 23.22, ma io stavo già dormendo ed oltretutto il wi-fi non prende in cabina.

Fatto sta che i voli non sono né modificabili né rimborsabili. Rimango sbalordita e rifletto sul caratteraccio che potrebbe avere uno che si arrabbiata per questa sciocchezza. Mi sento in imbarazzo, non so cosa scrivere e anche se riprendiamo lo scambio di messaggi non sono a mio agio, ho quasi paura di dire qualcosa di sbagliato che lo faccia innervosire. Ma stiamo scherzando? Voglio veramente trovarmi in barca con una persona così suscettibile?

Non ho molto tempo per riflettere, mancano tre giorni alla partenza, ho già avvisato Armatore, Capitano e Lissi (la mia compagna di traversata) che non farò più parte dell’equipaggio, ci sono rimasti tutti molto male e me ne dispiace, contavano su di me ma io ho preferito seguire il mio istinto. Ma di questo ne parlo a fine articolo.

Il mio pensiero analitico si focalizza su Portorico. Dato che non ci sono mai stata, decido di andarci comunque, mal che vada mi faccio un giro in un luogo che non ho ancora visitato, quale sarebbe il problema, sono comunque una viaggiatrice solitaria. Comunico al californiano che ho deciso di prenotare un hotel e che se vuole possiamo conoscerci e in un secondo momento decidere se salpare insieme oppure no.

Atterro a San Juan a mezzanotte, prendo un taxi per raggiungere il mio alloggio situato proprio nel centro storico, ho scelto una sistemazione umile ed economica ma situata nella via principale della città vecchia, in modo da potere girare comodamente a piedi.

Dopo un sonno ristoratore esco in esplorazione e mi bastano pochi passi tra le vie di Old San Juan per sentirmi entusiasta e felice della mia scelta. La città è stupenda, fondata nel 1521 si sviluppa alla fine di una penisola che racchiude l’omonima baia, il perimetro è delimitato dalle antiche mura, dal castello di San Felipe del Morro e da altre fortezze, all’interno i vicoli di ciottolato si intersecano su è giù per il promontorio, le case e gli edifici  sono dipinte in colori brillanti e tutte perfettamente ristrutturate. Il clima è fantastico.

Passo una bella giornata girovagando a caso, mi compro un vestitino e mi preparo per la cena con il fatidico nuovo comandante che, per farla breve, dopo aver guidato quasi 3 ore dal porto dove è ormeggiata la sua barca arriva alle 20,15, mi saluta a malapena, va nella camera che mi aveva chiesto di prenotare nel mio hotel, la guarda con aria schifata (io gli avevo mandato le foto e aveva risposto che non era il Ritz ma poteva andare bene per una notte), si doccia e cambia lentamente (peggio di una figa-di-legno-milanese), scende alle 20.45 ci dirigiamo verso un ristorante ma, ahimè, stanno tutti chiudendo perché alle 22.00 c’è il coprifuoco e devono avere il tempo di pulire a rientrare nelle loro abitazioni. Camminiamo per un’ora a passo spedito alla spasmodica ricerca di cibo, ma per legge tutti i ristoranti devono chiudere alle 21, lui ha l’aria infastidita io cerco di sdrammatizzare proponendo una ricca colazione la mattina seguente, finiamo in un quartiere popolare molto pittoresco in cui giovani portoricani fumano, bevono e ballano al ritmo di reggaetton sparato a palla da improvvisati dj set e car stereo, riusciamo ad acquistare una birra che beviamo camminando. Lui non spiccica una parola, io la prendo sul ridere e mi godo comunque l’imprevista serata, giunti al nostro hotel cinque minuti prima del coprifuoco, lui mi dice che ha deciso di cercare un’altra sistemazione, possibilmente col servizio in camera, rimango allibita ma lo saluto cortesemente augurandogli una buona notte.

La mattina seguente, solo in seguito ad un mio messaggio, mi comunica di essere ritornato alla barca. Quindi? Vien proprio da dirgli MA VA A CAGHER!!!

Avremmo dovuto passare la giornata insieme per conoscerci, anche se onestamente dopo il comportamento odioso della sera precedente io avevo già capito che con uno così non avrei avuto nulla da spartire, immaginiamoci ritrovarsi in mezzo al mare con uno che si altera per delle cose futili, l’ho scampata bella!

Eccomi quindi libera da impegni, in quel di Portorico con varie opzioni aperte: rientrare ad Antigua (ma nel frattempo la barca su cui ero han deciso si spedirla in Europa con un cargo), andare a St Marteen dove ci sono tante altre possibilità di imbarcarmi per la traversata Atlantica, oppure volare direttamente a casa. Un rapido controllo ai voli, mi salta all’occhio il prezzo del volo diretto American Airlines New York – Malpensa, solo 150 euro, bagaglio incluso. Al pensiero di rientrare in Italia provo un brivido di gioia, mi si illuminano gli occhi e capisco che è giunto il momento di tornare. Casa dolce casa, arrivoooo!

Resto a Portorico ancora un paio di giorni per visitare anche la parte nuova della città , soprattutto la zona di Contado che assomiglia molto a Miami Beach, alti hotel affacciati sulla spiaggia e lunghi viali costeggiati da palme ad ago, ne approfitto anche per salutare un amico di vecchia data, Ricardo, un surfista portoricano conosciuto a Bali nel 2002, rivisto a Roma nel 2010 e ad Assisi nel 2013… strana la vita e piccolo il mondo.

Il 24 aprile parto all’alba per New York City, atterro all’aeroporto JFK verso le 11.00 ma il volo per Milano è soltanto alle 19.00. Fortunatamente anche se il check in non è ancora aperto riesco a spedire lo zaino liberandomi da una grossa zavorra, mi informo su come raggiungere la città, ma anziché andare a Manhattan, dove sono già stata più volte diversi anni fa, decido di fermarmi nel Queens. Il trenino all’interno dell’aeroporto che connette i vari terminal fa capolinea alla stazione di Jamaica, un quartiere popolare, abitato da immigrati sudamericani, asiatici e presumo anche italiani. Una volta arrivata lì, percorro le vie principali e mi appassiono nel fotografare i palazzi di mattoncini con le tipiche scale esterne antincendio, poi mi addentro nelle vie interne e scopro un mondo a parte, non sembra nemmeno di essere a NY, o per lo meno la New York che conoscevo io, fatta di grattacieli e palazzoni, qui regna il silenzio, ci sono tantissime villette, costruite in legno, in pietra e nei classici mattoncini rossi, ne rimango estasiata, mi prendo qualcosa da mangiare in un supermarket e mi godo la giornata di sole seduta su una panchina sotto ad un albero in fiore, la brezza fresca porta via tutti i pensieri negativi che mi avevano ombreggiato la mente sul volo precedente, serena, respiro contenta di essere libera e sana per poter fare le scelte che voglio, anche quelle errate.

Post Scriptum

Quando sostengo di seguire il mio istinto mento a me stessa e se le cose vanno male lo incolpo, l’istinto, di non funzionare bene. In verità le sensazioni che mi dicono che sto sbagliando strada ci sono sempre ma le ignoro, le copro con un piano mentale ben schematizzzato, ho il cervello in formato Excell, e in più sono del segno della Vergine, pianifico tutto, come se si potessero pianificare i sentimenti e le emozioni. Forse stavolta ho imparato che se capitano degli imprevisti non bisogna incavolarsi, ma viverli nel migliore dei modi.

Un abbraccio a tutti dalla mia amata Sardegna.

Azzardare un viaggio ai Caraibi durante la pandemia Covid-19

Oggi è il 22 dicembre 2020 e sono ai Carabi.

Non ho raccontato quasi a nessuno della mia partenza, un po’ per scaramanzia, un po’ perché non ero sicura al 100% di riuscire ad arrivare a destinazione.

Se state per dire che ho messo a rischio la mia salute e quella di altri, vi rispondo che ai centri commerciali, che io tra l’altro non frequento, la situazione assembramenti è di gran lunga peggiore.

Per essere prudente, prima del viaggio sono stata in isolamento e non ho nemmeno salutato le mie amiche di persona. Negli aeroporti e sui voli mi sono consumata le mani a forza di lavarle e disinfettarle, ho cambiato spesso le mascherine e le ho riposte in bustine sigillate.

Ma partiamo con ordine. Lo scorso autunno dopo che il governo ha bloccato nuovamente il settore congressi ed eventi (quello in cui lavoro), ho pensato di cercare un imbarco per la traversata atlantica. Ogni anno tra Novembre e Dicembre, grazie alla spinta degli Alisei, salpano dalle Canarie o da Capo Verde diverse imbarcazioni a vela in direzione Carabi o Brasile. Ho cercato sui siti di ricerca equipaggio qualcosa adatto a me, avevo alcune proposte interessanti ma, ad un certo punto, degli imprevisti mi hanno bloccata a casa fino al 10 dicembre. La situazione Covid aggiungeva incertezza sugli spostamenti, ho pensato che forse non era l’anno giusto per fare l’Atlantic Crossing, primo perché ormai era tardi, la maggior parte delle barche era partita e tra le poche rimaste, se anche ne avessi trovata una last minute, non avrei avuto tempo di conoscere equipaggio e capitano prima della traversata, che dura tra i 15 e i 20 giorni se tutto va bene, inoltre se a bordo ci sono solo tre o quattro persone i turni al timone diventano troppo lunghi e/o ravvicinati, e se qualcuno da negativo o asintomatico avesse accusato gravi sintomi in alto mare? Insomma stavo vedendo più contro che pro, quindi meglio evitare.

Avevo quasi rinunciato all’idea di svernare ai Carabi quando, con il supporto di mio figlio, sicuramente stufo di avermi tra i piedi da circa un anno (viaggiando per lavoro di solito manco da casa diversi giorni al mese), mi sono lanciata nella spasmodica ricerca di un volo.

Sono stata attaccata al PC da mattina a notte per circa due giorni, per leggere tutti i protocolli necessari per arrivare a St Vincent & the Grenadines, e quali paesi avrei potuto attraversare “in transito”, ho cercato un volo che non facesse scalo negli Stati Uniti per via del travel ban, ma nemmeno in UK la situazione sarebbe stata facile. Ci sono dei voli diretti Europa-Caraibi da Francia e Olanda, ma arrivando da Cagliari è praticamente impossibile giungere a Parigi o ad Amsterdam in tempo per prendere un volo mattutino, avrei dovuto pernottare all’estero, cosa impossibile di questi tempi, come era impossibile cambiare aeroporto, causa quarantena una volta usciti dall’aerea “sterile”. Inoltre la comodità del volo diretto verso le ex colonie francesi od olandesi, Martinica o St Marteen sarebbe poi stata annullata completamente dalle quattro, sì quattro coincidenze necessarie per arrivare a St Vincent, avrei dovuto fare la pallina da ping pong tra Guadalupe, Dominica, Barbados, St Lucia.

Che fare quindi? Sono andata a ritroso facendo il percorso inverso, cercando le compagnie che effettuano voli diretti a SVD, ne ho trovato uno da Toronto con Air Canada ma ovviamente non c’è tutti i giorni; dopo essermi accertata sul sito del governo canadese che potessi fare scalo sul loro territorio, ho cercato un volo Italia-Toronto.

La tecnologia odierna, bisogna ammetterlo, è fantastica, sul sito Canada Gov ho trovato un questionario in cui inserendo i dati del passaporto e le destinazioni di partenza e arrivo escono le informazioni sulla documentazione necessaria personalizzata, incluso un link per fare e pagare il visto direttamente on line, inserisco i dati della carta e dopo aver pagato 4 euro il mio eTa è arrivato sulla casella di posta elettronica.

Una volta risolta la parte voli, devo concentrarmi sul test Covid-19. Tra le procedure richieste per poter arrivare a Saint Vincent bisogna effettuare un test molecolare non oltre 5 giorni prima dell’atterraggio e naturalmente deve avere esito negativo. Il mio volo arriva di lunedì ma lascio la Sardegna il sabato precedente, non ho molto margine, considerando anche i tempi per avere il referto (48 ore). I test a pagamento si possono fare in diversi laboratori, ma non l’ RT-PCR, in Sardegna ne sono stati accreditati solamente due, uno ad Olbia ed uno in provincia di Cagliari. Chiamo immediatamente ma non danno informazioni telefoniche, vado sul sito e compilo il relativo form di prenotazione per essere richiamata, passa una settimana e non sento nessuno, vado di persona ma non ottengo riposte, alla fine prenoto ad Olbia, dove c’è la possibilità di scegliere data e fascia oraria, pagando (65 euro) esclusivamente on line si ottiene immediatamente la conferma dell’appuntamento.

A questo punto, procedo con il resto delle cose richieste dal governo di SVG:

  • prenotazione dei 5 giorni di soggiorno obbligatori presso una struttura da loro approvata
  • compilazione del Pre-Travel Form con annessa conferma hotel
  • prenotazione taxi autorizzato per il trasferimento in hotel

Sorpresa: un amico che si trova alle Grenadine mi avvisa che il governo ha cambiato le regole d’ingresso, il test deve essere fatto al massimo 3 e non più 5 giorni precedenti l’arrivo… help!! Pregando in cinese avviene il miracolo e riesco a fissare un test anche a Cagliari lo stesso giorno della partenza.

Questa l’agenda:

Venerdì 18 Dicembre ore 06.00 Cagliari-Olbia 3 ore e 20 minuti.  Attesa di 2 ore e mezza al Drive-in per il primo tampone molecolare. Olbia-Cagliari altre 3 ore e 20.  Miracolosamente alle ore 18.00  arriva via mail l’esito (negativo), ottimo servizio!

Sabato 19 Dicembre ore 10.00 secondo tampone molecolare. Ore 17.45 volo Cagliari-Roma, pernottamento presso un Bed & Breakfast a Fiumicino a pochi minuti dall’aeroporto.

Domenica 20 Dicembre ore 06.00 transfer in aeroporto, fila chilometrica e ben ditanziata al check-in Lufthansa per controllo documentazione. Ho ricevuto i complimenti della hostess per aver fornito tutti, ma proprio tutti i documenti richiesti, autocertificazioni, visto canadese, ricevuta bagagli in stiva, test negativo, travel form, etc etc. lei chiedeva ed io Taaac! da vera milanese, esibivo. Segue volo di circa due ore Roma-Francoforte, immancabile Pretzel in aeroporto. Mi connetto ad internet e rimango sbigottita dalla mail con il secondo referto (negativo), dai la sanità italiana non è messa poi così male. Alle 13.00 volo di 9 ore Francoforte-Toronto. Scalo in aeroporto di sole 18 ore, incluso tentativo di pernotto su scomodissime sedie, interrotto da brividi per temperature glaciali. Indossavo una canotta in cotone, un maglioncino, un pile, un piumino leggero ed un giubbino antivento ma non sono bastati, ho provato anche a coprirmi con il trapezio da kite, in effetti qualcosina ha fatto.

Lunedì 21 Dicembre sarei dovuta partire alle ore 09.15 ma con mia grande gioia scopro che c’è un ritardo di più di un’ora, il volo Toronto-St Vincent dura circa 5 ore. All’arrivo altra lunghissima coda ed estenuante attesa di quasi tre per controlli Covid ed Immigrazione, finalmente arriva il mio turno, mi fanno accomodare ad un bancone con 10 signorine completamente bardate che registrano i passeggeri in arrivo, prendono nota di dove alloggiano e danno istruzioni per la quarantena. Dato che di tamponi ne ho fatti due a me non lo fanno all’arrivo, ma verranno a farmelo a domicilio al quarto o quinto giorno e a seconda del risultato mi diranno cosa dovrò fare, se potrò terminare la quarantena in altro luogo, sempre monitorata, oppure restare qui, comunque per 14 giorni non potrò socializzare.

Prima ancora di aver prenotato il volo avevo scaricato l’elenco degli alloggi approvati per passare la quarantena, ho inviato almeno 15 mail per avere dei preventivi, tra tutte ho scelto un mini appartamento che è sicuramente più grande di una camera d’albergo ed inoltre ho la possibilità di mangiare all’ora che voglio. Nella lista ci sono anche resort lussuosi che si affacciano sul mare ed offrono 3 pasti giornalieri, da consumare esclusivamente in camera, ma se tanto sono confinata tra le mura, che senso ha essere in un posto figo sulla spiaggia?

Agli Skyblue Beach Apartaments ci sono diversi mini appartamenti composti da soggiorno con angolo cottura super attrezzato, camera da letto, bagno, wi-fi, tv, aria condizionata e pale sopra il letto, tutti hanno una verandina affacciata sul giardino. Alcuni giorni prima della partenza ho inviato la lista della spesa alla proprietaria che me l’ha fatta trovare in casa, insomma per ora mi sento proprio a mio agio. Ho da leggere, una valanga di film da vedere, ho addirittura scaricato un App che si chiama “addome”, ben 15 minuti di allenamento quotidiano, chissà che fisico a fine quarantena! 😉

Ma in tutto questo mi sono dimenticata di dire che ho affrontato ‘sto sbattimento perché ho ricevuto un invito a far parte dell’equipaggio di un fantastico catamarano.

Quindi se si vuole veramente una cosa, mettendosi d’impegno e seguendo con attenzione tutte le regole, la si ottiene.

I will keep you updated. Forse.

PS: sono stata molto indecisa se e quando pubblicare questo articolo, per ora l’ho scritto perchè mi piace mettere nero su bianco le mie avventure, e se lo state leggendo avrò deciso di condividerle. 😊

Iniziare un nuovo sport a cinquant’anni suonati

​In questi giorni ho preso le mie prime lezioni di kite surf.

Pausa.

Ma cosa diavolo mi è venuto in mente?!

Non sono mai stata una grande sportiva, spericolata sì, ma nulla che si avvicini ad un’atleta …

Sono una di quelle persone che inizia mille sport e non ne perfeziona nessuno. 

La palestra non la sopporto, correre poi… mi fa proprio schifo, quindi non ho nemmeno una preparazione fisica di base, diciamo che più che altro mi piace stare all’aria aperta e far finta di fare uno sport 😉

Da piccola ricordo che alle scuole elementari avevo iniziato un corso di ginnastica artistica, tutta gasata pensavo di fare le evoluzioni sulle parallele, invece dopo un po’ mi sono resa conto che era ginnastica ritmica, quella roba con i nastrini e le palline… Ma daiiii, è toccato proprio a me che sono negata con la palla, che tutte le volte che passeggio in un parco mi arriva una pallonata in faccia, ma se tento di prenderla con le mani o coi piedi la manco… E quando voglio lanciare una pallina al cane, poveretto, o lo centro o la tiro ad un metro dai miei piedi. Quindi no, nessuno sport con la palla, grazie.

Ah poi alle scuole medie ho tentato la strada dell’atletica leggera, pesavo 42 kg per 167cm, con il salto in alto me la cavavo piuttosto bene, avrei anche potuto gareggiare con Sara Simeoni, ma mia mamma era un tipo molto apprensivo e aveva paura che mi venisse la broncopolmonite ad allenarmi d’inverno all’aria aperta nella nebbiosa provincia milanese, quindi fine della mia carriera da altista.

Alle superiori ormai avevo rinunciato a qualsiasi forma di esercizo fisico ed ho adottato la scusa del ciclo perenne per evitare le settimanali partite di pallavolo durante le ore di educazione fisica.

Soltanto verso i trent’anni mi sono riavvicinata di botto a tutti gli sport da tavola, dal surf da onda, allo skateboard e snowboard.

I risultati non è che siano stati buoni, cioè per gli ortopedici sì, piuttosto vantaggiosi.

Nel 2004 mi sono lesionata il crociato andando in skateboard… andando? … diciamo pure cadendo.

Nel 2005 dopo un fantastico salto con lo snowboard sulle piste di Prato Nevoso, ho sentito un crick: malleolo incrinato. 

Con il surf ho iniziato nel ’99 a viaggiare nelle più famose destinazioni surfistiche mondiali: Biarritz, Bali, Panama, Canarie, Madeira, Mundaka, Hawaii, Australia … 

Nooo, cosa avete capito? Ho solo fatto tante foto con la tavola da surf sottobraccio in tutte queste località… Però prima mi pucciavo in mare per apparire più veritiera. Dai scherzo, qualche onda l’ho presa solo che è uno sport faticosissimo e se come me non fai nessun tipo di allenamento e hai le braccine fatte di mozzarella, non è che puoi aspettarti più di tanto.

Quindi dov’ero rimasta? Ah sì, come mai ho iniziato a fare kite all’alba dei 52 anni.

Beh, primo, perché sto lavorando su un catamarano che fa crociere per kiters ai Caraibi, i luoghi sono altamente invitanti: poca gente, acqua calda e cristallina.

Secondo, il mio fidanzato ha tutta l’attrezzatura necessaria ed anche la pazienza per farmi da istruttore… Poi vedremo se la perderà. Per ora se sbaglio qualcosa rispondo che non avevo capito… Sai com’è, lui è inglese e parla stretto stretto, mi urla dal gommone le manovre da fare, ma col vento, il motore etc etc… Non sento bene. 😉 Chettelodicoafare?!

Ora siamo alla quarta lezione, le prime tre son servite ad avere completo controllo della vela, il cosiddetto kite, con cui ho imparato a spostarmi in acqua trascinando il mio corpo come un sacco di patate (si chiama body dragging). Oggi invece ho provato a mettere i piedi sulla tavola, mantenendo il kite nella posizione giusta per poi partire. Ecco, diciamo che la partenza c’è, però poi mi schianto tristemente sul pelo dell’acqua, ho bevuto più oggi che al mio matrimonio! 

Per non parlare del dolore alle costole per via del trapezio che mi strizza come fossi una dama del ‘700 col bustier.

Insomma, se sopravvivo vi aggiorno sui miei eventuali miglioramenti… Anche se non ve ne può fregà de meno. 😂

La iella arriva anche ai Caraibi

Lady di qua, Lady di là… Me la sono proprio tirata… la sfortuna dico. In queste ultime tre settimane è capitato di tutto.

Io che mi immaginavo impegnata con le Public Relation, a gestire i social network, a prendere lezioni di kite, a scrivere articoli sorseggiando aperitivi con ombrellini colorati, invece no. 

A St. Vincent abbiamo perso giorni per cercare di sdoganare un pacchetto proveniente dall’Inghilterra, contenente delle semplici guarnizioni che qui non si trovano.

Prendi il taxi, vai agli uffici DHL di Kingstown che stampano la lettera per poter ritirare il pacco … che è lì? No. Si trova all’aeroporto, ovvero ad un’ora dalla città. Ma ormai è chiuso. Lì ti dicono che manca il timbro della dogana che certifica che siamo in transito e non residenti, ma la dogana è al porto. Altro taxi per 45 minuti. Poi salta fuori che per non pagare le tasse d’importazione bisogna avere un broker… Eh?! Cerca l’agenzia di broker, attendi quelle due o tre ore per avviare le pratiche, torni alla dogana, ma sono in pausa pranzo. Cerchi di mangiare qualcosa anche tu camminando sotto il.sole cocente, ma nella zona del porto non c’è nulla, solo qualche cane randagio.

Al rientro scopri che bisogna essere scortati da una guardia giurata che certifica che il pacco ritirato non sarà destinato alla vendita ma verrà portato in barca. Quindi la porti all’aeroporto, la fai salire in barca e poi gli paghi un taxi per tornare a casa. Ahhhh, @#€&!

Risolta questa bega navighiamo verso nord, prima tappa St. Lucia e poi Martinica per fare provviste pre charter.Torniamo a St Lucia per prendere la cuoca, che ahimè, dura solo tre giorni. Per motivi di privacy non sto a raccontare i dettagli. 🙄

Ma a questo punto tocca a me fare anche questo charter di dieci giorni, con sei persone, tre delle quali con varie intolleranze. Help!

Nel frattempo, una notte, ci rubano il gommone, motore incluso, valore totale circa 8000€. Mancano tre giorni all’arrivo dei clienti, è giovedì ed è festa nazionale, tutto chiuso, anche la Guardia Costiera non risponde alle chiamate. Abbiamo un solo giorno utile, il venerdì, per trovarne un altro. Telefonate ed email a tappeto nelle varie isole limitrofe. Quello che serve a noi in pronta consegna non ce l’ha nessuno, ci accontentiamo di uno simile ma è in Martinica, un giorno di navigazione per raggiungerla, e si tna indietro. Onde di quattro metri di traverso, sto un attimo sottocoperta a messaggiare al telefono ed è così che vomito anche l’anima. Mai successo. Sono un cadavere ambulante ma devo procedere con l’acquisto dei prodotti freschi e la pulizia completa della barca. Cabine pronte. Un bel respiro, Ohmmm. Sorriso. Welcome! … si riparte per le Grenadine.
Think positive.

www.zenithoceanvoyages.net

Cuoca, marinaia o Lady Stephanie?

All’inizio del terzo mese di lavoro, il capitano, ovvero Gerard, ovvero il mio fidanzato, mi ha detto che sono un’ottima marinaia… e questo modestamente lo sapevo giá.

Lo potete notare dalla rilassatezza che mostro al timone nella foto qui sotto. 😜

Poi però ha aggiunto che come cuoca invece sono piuttosto scarsa, in effetti anche questo lo sapevo già, ma non pensavo di sentirmelo dire da un britannico che stava per mettere la salsa Worcester sulle mie prelibate lasagne!

Devo confessare che mio figlio quando ha saputo del mio nuovo incarico ha commentato “poveri ospiti, moriranno di fame!” Che esagerato. Solo perché sono un po’ pigra e lui è un precisino. Io, lo ammetto, non ho mai amato cucinare, non è tra le mie passioni e non riesco a capire come sia finita qui, non so nemmeno perché abbia accettato questo lavoro che non stavo cercando, anzi avevo intenzione di andare in giro per la Cambogia quando me l’hanno proposto. Invece dopo 44 ore di viaggio, eccomi qui ai Caraibi. Che bizzarro il destino, forse dovevo proprio incontrare Gerard. 

Avevo pensato bastasse essere una mamma italiana per cavarsela egregiamente in cucina, ma ultimamente ho scoperto di essere anche permalosa e patriottica quando si parla di cibo, sentirmi dire da un inglese che i miei piatti non sono all’altezza dei  suoi charter… grrr, che smacco! Abbiamo gusti totalmente opposti, io abitualmente non uso burro, ma le ricette di bordo lo impongono, idem per la panna… la mia cucina è mediterranea e piuttosto “sana”, inoltre da un paio d’anni non mangio carne e formaggi e mi dà un po’ fastidio cucinarli, o meglio assaggiare se sono conditi opportunamente. Ammettiamolo sono un disastro!

Quindi preso atto che cucinare mi stressa, divento nervosa ed antipatica, Gerard ha deciso di assumere una chef, per evitare che questi dissapori culinari mettano a rischio la nostra relazione. Che gesto ammirevole, da vero gentleman!

A me ovviamente va più che bene, adoro stare al timone, sia col sole che col brutto tempo, e fare il turno di notte non mi pesa assolutamente. Mi piace essere attiva in tutte le manovre velistiche… ed ora che ho tempo inizierò anche a pescare!

Poi vediamo un po’…. Che altro mi resta da fare? Dopo una nuotatina per tenermi in forma mi metterò a leggere un buon libro, sorseggiando un Martini al tramonto come una vera Lady. 

Saluti da Lady Stephanie di Caribe.

Ps. Il Martini non mi piace, sono più da vino rosso. 😊

Su e giù per le Grenadine

​Son due mesi ormai che navigo nel Mar dei Caraibi. Da Saint Lucia siamo scesi a sud, prima tappa Saint Vincent… No, non quello del Casinò in Val d’Aosta! 😉 Ma bensì l’isola più grande dell’arcipelago delle Grenadine, che comprende circa 600 isole. Come tante terre caraibiche sono anch’esse un ex colonia inglese, indipendenti dal 1979. Questo l’ho copiato da Wikipedia!

A Saint Vincent però non c’è nessun aeroporto internazionale, nemmeno nella sua capitale, Kingstown, quindi i nostri clienti devono arrivare sull’isola di Grenada, che dista circa 70 miglia nautiche, ovvero 130 km… E vi assicuro che in barca non è una passeggiata!

Le nostre crociere si svolgono tra le piccole isole incantate e semi deserte dell’arcipelago (Mayreau, Tobago Cays, Palm Island) l’approvvigionamento ed il pick up degli ospiti invece avviene a St George che sorge a sud di Grenada, che è un’altra grande isola, uno stato a sé, che non fa parte delle Grenadine,  quindi ogni volta che ci passiamo bisogna andare alla dogana… un continuo timbrare e pagare entrate ed uscite. Con code piuttosto lunghe, uno sbatti micidiale! 

Per farvi capire tutto il nostro andirivieni vi metto qui sotto una bella mappa.

La cittadina di St. George è piuttosto carina, c’è un vecchio Forte e nelle vie si susseguono tante casette colorate in stile ovviamente coloniale. 

Al porto si alternano le grandi navi da crociera, dalle nostrane Costa ed MSC, alle tedesche Aida e Mein Schift. Le ho citate perché a Cagliari lavoravo al porto per l’agenzia che si occupa delle escursioni per crocieristi e tutte le volte che le vedo penso alle mie colleghe ed amiche che si alzano alle cinque del mattino per fare l’accoglienza: ciao Giuly, Manu e Martina!

Ma saltiamo le grandi isole ed immergiamoci nelle immagini delle baie incontaminate, dalla sabbia dorata, dall’acqua cristallina e dalle palme agitate dal vento… Che ovviamente deve essere sempre presente dato che i nostri clienti sono solo kite surfers.

Svegliarsi ogni mattina in un luogo diverso, raggiungibile solo via mare è una sensazione stupenda. Un bel tuffo nelle acque turchesi per svegliarsi bene e poi la colazione.

Tra i coralli colorati ho avvisato alcune tartarughe, pesci palla e pappagallo, poi, lo devo confessare, ho assaggiato un riccio locale, qui non li mangia nessuno e non vi dico le facce dei nostri ospiti canadesi quando hanno sentito l’odore… Ma gliel’ho detto che non bisogna annusarlo! Vabbè aspetterò di rientrare in Sardegna per farmi di spaghi come si deve!

Termino la giornata con l’immancabile foto al tramonto, giuro che è sempre diverso, le nuvole creano delle pennellate di colore alle quali non riesco a resistere.

Anzi, vi saluto che è proprio ora di scattarne un’altra! 

http://www.zenithoceanvoyages.net

Chiamiamolo Relax

​Tra la partenza dei precedenti e l’arrivo dei prossimi clienti del charter abbiamo circa 10 giorni di break. L’idea era di andare a rilassarci in qualche isoletta remota… Ma la vita in barca non è tutta rose e fiori, saltano sempre fuori dei lavoretti da fare, la manutenzione è più impegnativa di quella di una casa ed anche più costosa. Inoltre essendo utilizzata per fare business, tutto deve essere sempre  perfetto.

Nel mio piccolo, aiuto cercando di scrostare dalla scafo le alghe e i “denti di cane”, delle specie di patelle aguzze che si attaccano alla carena della barca.

Tutta carica mi accingo ad immergermi, ma la mia maschera si è rotta e non trovo più il boccaglio, frugo tra i materiali da snorkeling, ne provo almeno quattro: una si appanna, una mi blocca la circolazione e mi fa venire immediatamente un segno sulla fronte che sembro Frankenstein, alla fine opto per la meno peggio, dopo tre minuti mi entra l’acqua dal naso, uffa! Siamo all’ancora di fronte alla Grand Anse Beach e la corrente stamattina è forte, gratta che ti gratta cercando di non essere trascinata via, faccio solo metà barca. E niente, zero resistenza, sono una schiappa. Oh non dimentichiamo che il catamarano ha due scafi, quindi i lati diventano quattro, due esterni e due interni. 

Finalmente dopo due mesi, arriva il pacco del DHL con la nuova rete/tappeto elastico.

Io, io… Lo monto io che sembra divertente! Bisogna far passare la cima come in un telaio… conto i buchi della rete diviso per gli anelli… viene 4.8, arrotondo a 5. Quando arrivo alla fine però mi avanzava un pezzo di rete ma non ho più anelli a cui agganciarla… daiiiiii cavolo, devo rifare tutto!

 


‘Spè che sto sudando, mi tuffo e risalgo Eh.. una attimo e arrivo…😋

E adesso una birretta al tramonto non me la toglie nessuno!!

Il menù di bordo

Ed il primo charter di Zenith è andato! 

Mi sono letteralmente “barcamenata” tra una ricetta francese scaricata da internet e qualche mio piatto forte italiano. Faticando un po’ perché il forno ed i fornelli a bordo sono più piccoli della norma, i piani d’appoggio limitati, i tempi di lievitazione in mare con l’umidità e le alte temperature variano ampiamente. 

Tanto per farvi capire, vi riporto il menù che ho eseguito in questi 10 giorni.

Nella foto sotto: Cheesecake ai frutti di bosco (era un po’ molle, lo so!), Pizza, Bisque di gamberi, Spaghetti alla carbonara.

Day 1

Cocktail di benvenuto

.Cena

Rotolo di petto di pollo al bacon ripieno di feta e pomodorini secchi

Casseruola di zucchine gialle e formaggio gratinato

Iceberg, pomodori e cetrioli

Panna cotta alla passion fruit

Day 2

.Pranzo

Nasi Goreng (riso indonesiano) alle verdure e gamberetti con guarnizione di fritattina

Finocchi e ravanelli

.Cena

Filetti di Red snapper al cartoccio all’aroma di timo

Zucca al forno 

Spinaci saltati con uvetta e mandorle

Brownies con panna montata

Day 3

.Pranzo

Hamburger di pesce croccanti (fatti da me)

Panini con semi di sesamo appena sfornati

Patate bravas ed arrosto

Insalata e pomodorini

.Cena

Pinzimonio di verdure

Lasagne

Gelato al caramello con cioccolato fuso

Day 4

.Pranzo

Insalata di pollo e grana con salsa Caesar

.Cena

Bisque di gamberi ed aragosta

Aragosta alla griglia

Spiedini di verdure

Cheesecake ai frutti di bosco

Day 5

.Pranzo

Roulade di carote ripieno

Affettati e formaggi misti

Insalata di pomodorini ciliegino e germogli (di non ho capito cosa.. ah ah.. ma non di soia, erano più fini)

.Cena

Risotto ai frutti di mare

Fagiolini e fave al burro

Day 6

.Pranzo 

Torta salata alle verdure 

Insalata mista con mela e uvetta

.Cena

Fajtas e tacos croccanti con chili, peperoni, insalata, formaggio

Banana bread con gelato

Day 7

.Pranzo

Brasato con patate al forno

Insalata mista con rape rosse

.Cena

Spaghetti di riso con verdure orientali

Anatra alla griglia

Day 8

.Pranzo

Pizza olive nere e pomodorini

Spaghetti alla carbonara

.Cena

Cubetti di tonno saltati con sesamo

Alghe wakane in agrodolce

Cus cus con verdure

Crumble di ananas e cannella con panna liquida

Day 9

.Pranzo

Fagottini di pasta fillo ripieni alle verdure

Parmigiana di melanzane

Insalata di cetrioli, pomodori, carote.

.Cena

Bistecche alla griglia

Patate alla dauphinoise

Torta con gelato

Day 10

.Pranzo

Pasta con pesto e verdure

Insalata romana con carote e ravanelli

.Cena

Pollo alla crema di cocco e curry

Riso basmati

Torta con panna montata

Day 11

English breakfast: Salsicce, bacon croccante, uova strapazzate e fagioli.


Nella foto sottostante i “buns”, i panini per hamburger che ho fatto con le mie manine…

Patate Dauphinoise, Torta salata di verdure verdi misteriose 😉, Melanzane alla Parmigiana, cestini di pasta fillo alle 4 verdure.

Cubetti di tonno marinati ai semi di sesamo

Carrots roulade ed insalata mista.

Ps. Le foto son quel che sono perché dovevo servire in fretta…😉

Lavorare su una Charter Boat

In molti mi stanno invidiando perché pubblico immagini da cartolina… ma ora vi racconto nel dettaglio come si svolge il mio attuale lavoro.

Prima dell’arrivo dei clienti, insieme al capitano ho buttato giù un menù giornaliero, secondo le esigenze e/o intolleranze degli ospiti, ma devo essere pronta a variarlo a seconda di ciò si trova al supermercato in fase di approvvigionamento… tenendo conto che siamo ai Caraibi. 

Infatti, come prevedevo, il 24 dicembre l’unico supermercato aperto a St George è stato preso d’assalto. Le verdure e la frutta scarseggiano, il pollo e le uova sono terminate!! Aiuto, tra colazione all’americana e torte varie avevo calcolato di acquistarne un centinaio. Chiedo al tassista se conosce qualche posto segreto, riesco a trovarnene una dozzina – meglio che nulla. Il giorno di Natale ci meritiamo una pausa-spiaggia-ristorantino, in previsione della pulizia barca e preparazione cabine del 26 e 27. Ecco, sembra semplice e veloce pulire uno spazio ridotto, ma è proprio il contrario, si fa una fatica tremenda a lavare il bagnetto ed i pavimenti, non ci si riesce a muovere, per fare i letti poi, c’è una tecnica speciale dato che non ci si può girare intorno, bisogna salirci sopra e sistemare le lenzuola gattonando a ritroso… Una sudata bestiale dato che tutto questo lavoro è svolto ad una temperatura esterna di circa 30 gradi!

Il 28 dicembre arrivano gli ospiti, una famiglia di kite surfers, mamma, papà, e figli di 8, 11 e 13. 

Mi sveglio alle sette per gli ultimi ritocchi e per la preparazione del pranzo, poi sparecchio, sistemo la cucina e mentre Gerard, il capitano, sbriga le pratiche portuali ci prepariamo a lasciare la Marina di Port Louis. Procediamo con le manovre di attracco alla banchina in cui facciamo gasolio (sistemo, lancio, fisso le cime… Ed ora tutto al contrario mollo, ritiro, e avvolgo le cime, ritiro i fender). Ci fermiamo in una baia poco distante, in cui dopo aver gettato l’ancora, mentre i clienti fanno un paio tuffi, io mi rimetto ai fornelli per la cena: rotolo di pollo farcito con feta e pomodorini secchi avvolto nella pancetta (una robina leggera… La ricetta non è mia!), Casseruola di squash yellow (una specie di zucchina locale) al forno con gratin di formaggio, Insalata mista, e per dessert Panna cotta con frutta della passione (non so cosa sia successo ma non si è rappresa, l’abbiamo praticamente bevuta… Vabbè nessuno si è lamentato.. scctt)

Di nuovo sparecchio, lavo i piatti, pulisco la cucina e siamo pronti per salpare perché ci attende una traversata notturna di circa dieci ore, per raggiungere l’isola di Union, nelle Grenadine. I turni al timone sono di due ore, inizia il capitano, io faccio dalle 22 alle 24 e dalle 02 alle 04. Nelle due ore di riposo non riesco ad addormentarmi, ma mentre sono di guardia non ho per niente sonno, ci sono 25 nodi con raffiche a 27, l’andatura è di bolina stretta, tra gli schizzi delle onde e la pioggerella mi becco degli schiaffazzi in faccia che mi tengono sveglia. Sono super concentrata perché so che ad un certo punto devo evitare di finire sopra un relitto sommerso, la rotta impostata automaticamente a volte cambia con le raffiche e le onde. Se sto scrivendo vuol dire che non ci siamo schiantati! 😉

Alle 6 del mattino giungiamo a destinazione, e vai  di nuovo con le manovre di ancoraggio, dopo le quali forse riesco a fare un altro pisolino.

Ore 8,00 mi alzo per preparare la colazione. Sorpresa, sorpresa uno dei bambini ha vomitato sul letto, sulla parete in vinile e sul pavimento che essendo fatto a pannelli ha delle insenature… vi lascio immaginare dove è finito il pollo della sera prima. Ahh che bel risveglio. Mi tappo il naso ed inizio a pulire. Poi preparo la colazione con una certa nausea. 

Ore 10,00  dopo aver riposto tazze e robe varie, la famiglia va a fare kite, ed io che dite, mi riposo? Noo, è già ora di tagliare le verdure per il pranzo…

Eccetera, eccetera – Ripetere per 10 gg. 

Oggi è il secondo giorno, sto scrivendo dal letto della mia cabina, sono solo le 20.22 ma sono stravolta, fortunatamente cenano presto così posso abbandonarmi ad una lunga dormita.

P.S. Il panorama intorno alla barca ovviamente è stupendo. Tra un fornello e l’altro riesco a fare sia foto che tuffi!!

Zenith Ocean Voyages

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